L’impronta di Roma è sicuramente barocca. Certo, la Città Eterna – non a caso così definita – ha tanti caratteri che si affiancano e si sommano: l’antichità imperiale, il periodo paleo cristiano, la parte medievale e rinascimentale, quella ottocentesca e quella moderna. Ma la sua caratteristica più evidente è barocca: le facciate delle tante chiese, le cupole che si vedono dai punti panoramici del Pincio e del Gianicolo, le piazze e le fontane, le danno il carattere barocco. E i protagonisti di questa impronta sono tanti: dal Maderno al Della Porta, ma su tutti emergono le opere dei due geni dell’epoca: Bernini e Borromini. Quasi coetanei, provenienti da famiglie di scultori e scalpellini, ambiziosi e convinti della loro qualità, hanno segnato i due stili contrapposti del barocco romano. Bernini altisonante, legato in qualche modo alla cultura classica, capace di fondere scultura e architettura, orientato all’effetto, alla meraviglia. L’altro, sperimentale, innovativo, architetto puro (e pare di capacità tecniche superiori), tutto teso a trovare forme nuove che sconvolgessero l’idea di spazio che dall’antichità si era trasmessa fino al 600.
Per vedere le opere confrontate dei due, si può fare a piedi un breve percorso al centro di Roma. Tutto può partire dalla mole del Palazzo Barberini, opera iniziato da Maderno e conclusa Bernini, che si avvalse della collaborazione del collega, di un solo anno più giovane di lui. La mole del palazzo è grande, lo stile crea un nuovo modello che innova i grandi palazzi del 400 e 500 romani (da Palazzo Venezia a Palazzo Farnese), mobile nelle sue forme e nelle decorazioni. L’ingresso è sulla destra, non al centro, e una grande, bellissima scala monumentale disegnata dal Bernini porta la piano nobile. Ma sul corpo sinistra un’altra scala mostra il genio del collaboratore rivale: una scala ovale, dalle forme nuove, con le colonne che salgono a spirale, dall’effetto straordinario.
Se si sale di cento metri da Palazzo Barberini si arriva all’incrocio delle Quattro Fontane, dove sorge la chiesa di San Carlino, progettata da Borromini. Una piccola chiesa in cui lo sguard si perde alla rincorsa dei pieni e dei vuoti, dei concavi e dei convessi, con una cupola straordinariamente decorata da figure diverse, prive di equilibrio classico. E continuando sulla stessa strada, si può ammirare la chiesa di Bernini più raccolta e bella: Sant’Andrea al Quirinale, un trionfo di marmi multicolori, di luminosità, di religione spettacolarizzata.
Ma il genio di Borromini si ammira a poche centinaia di metri, raggiungendo il Palazzo di Propaganda Fide. Qui la facciata, bella ma senza stupori, è del rivale, e invece la facciata laterale, con la chiesa annessa, è stata progettata da Borromini. Un altro spettacolo di curve, armoniose e dissonanti nello stesso tempo, di finestre ovali e di archi spezzati. E, a pochi metri, la casa, grande e lussuosa in cui visse Borromini, di fronte ad un’altra chiesa in gran parte disegnata da Borromini: Sant’Andrea delle Fratte.