Conoscere quello che mangiamo è un aspetto fondamentale per la nostra salute: le proprietà nutritive degli alimenti, il modo di abbinarli, ma anche la loro provenienza e il modo in cui sono stati coltivati sono tutti aspetti essenziali per vivere in maniera equilibrata. Se da una ricerca online si possono recuperare informazioni utili sul contenuto di vitamine o di calorie di un frutto o sulle ricette più adatte per un particolare tipo di dieta, la conoscenza delle varietà di ortofrutta locali e delle modalità con cui sono state coltivate è più difficile da costruire attraverso lo schermo di un computer. Per questo acquistano particolare importanza le manifestazioni locali dedicate ai prodotti agricoli tipici del territorio, i mercati di frutta che mettono in contatto diretto i produttori di ortaggi e frutta con i consumatori e tutte quelle occasioni in cui chi fa la spesa non si trova di fronte un “anonimo” supermercato o un’anonima cassetta della frutta ma può parlare direttamente con le aziende agricole, con gli agricoltori che quella frutta e quella verdura l’hanno coltivata e di cui sanno raccontare la storia e la vita in campo.
Perché questo può fare la differenza?
Perché tante varietà locali sono scomparse e continuano a scomparire per lasciare posto a varietà più “commerciali” (di solito selezionate in base a criteri di produttività, prima che di salute o di gusto), e questo processo è possibile non solo per le pressioni del mercato – che chiede di produrre grandi quantità a prezzi sempre più bassi – ma anche per la scarsa conoscenza che i comuni cittadini hanno di tipi di frutta e verdura tradizionalmente tipici del loro territorio, che potrebbero avere una più ampia domanda di mercato se fossero più conosciuti e valorizzati.
Quasi sempre, infatti, le varietà di ortofrutta tipiche locali hanno delle peculiarità di gusto e adattamento al territorio che meritano grande attenzione, e hanno alle spalle una lunga storia che le vede protagoniste di ricette antiche, tramandate da generazioni.
I carciofi di Castellammare, i pomodori di Sorrento, l’aglio dell’Ufita sono per esempio varietà di ortaggi che caratterizzano diverse aree della Campania e che grazie all’impegno delle comunità locali conservano un posto significativo nella cucina italiana.
Prendiamo il cavolfiore: ne esistono varietà molto diverse tra loro, ma se ci fermiamo a parlare con qualche produttore che coltiva in pieno campo il cavolfiore della Piana del Sele, uno dei territori con la migliore vocazione per questo tipo di ortaggio – scopriremo che questa varietà di cavolfiore è particolarmente candida, ha una resa produttiva particolarmente elevata ed è coltivata rispettando le stagioni e i tempi della natura.
I momenti di incontro con i produttori restano quindi un passaggio chiave nella costruzione di una maggiore consapevolezza dei consumatori. Vale la pena segnare in calendario tre o quattro momenti all’anno in cui visitare una particolare sagra o un mercato organizzato direttamente dai produttori, frequentare un gruppo di acquisto solidale che include visite alle aziende agricole locali, prendersi qualche momento per chiedersi “cosa sto mangiando oggi?” guardando non solo al gusto e alle proprietà nutritive ma anche alla storia di quell’alimento, al suo legame col territorio che lo ha cresciuto e alle modalità con cui è stato coltivato. Senza contare i mille aneddoti (e qualche ricetta speciale) che ogni agricoltore esperto saprà raccontare: quello è un valore aggiunto “a sorpresa” che non ha prezzo!