È la regina delle tavole meridionali, la sontuosa parmigiana che si cucina nelle case del Sud da Napoli alla Sicilia, e infatti tra le due regioni è in corso una competizione per comprendere chi l’abbia inventata: i napoletani mangiafoglie (così erano detti nel Medioevo perché amavano le verdure), o i siciliani che per primi hanno conosciuto le melanzane? Ortaggio originario dell’India e portato in Sicilia dagli arabi? Questione irrisolvibile, e destinata a non trovare risposta, ma certo questo sformato di melanzane, formaggio e pomodoro è un piatto dell’identità e della cultura meridionale, cucinato in mille modi, ma sempre di assoluto livello e di grande attrazione. Una cosa è certa: la parmigiana con Parma non ha nulla a che fare, e tra i suoi misteri, oltre all’origine della ricetta, c’è l’origine del nome. C’è chi parla di una similitudine con le persiane della finestra – dette da qualche parte appunto “parmigiane” – a causa della disposizione delle fette di melanzana messe su a strati, come delle tapparelle. Non mi sembra una grande etimologia, ma in mancanza di meglio, bisogna accontentarsi.
Le ricette
Dicevamo che le ricette sono tante, e tutte, in ogni casa, per ogni chef, vengono spacciate come l’originale, l’autentica. Poche cose sono certe: le melanzane affettate e fritte e poi disposte a strati, la salsa di pomodoro che condisce e consente l’amalgama, il formaggio grattugiato che, abbondantemente spolverato, ne fa da condimento. Infine la mozzarella che farcisce dando quella consistenza filante che è uno die motivi del successo del piatto. Qual è dunque il problema? Ho detto frittura, e qui iniziano le complicazioni. Che debbano essere fritte, le melanzane, è certezza. C’è chi fa un tortino con le melanzane arrostite, tortino buonissimo, ma non si parli di parmigiana: l’olio della frittura, che deve esserci ma non sentirsi, è un obbligo. Solo che c’è chi infarina e frigge, chi passa nell’uovo (magari due volte). Si tratta di due partiti più avversi dei bianchi e dei neri, degli juventini e dei napoletani, dei rossi e dei neri. E due partiti che, una volta di più, rivendicano l’originalità senza avere le prove. C’è poi il formaggio: oggi tutti usano il parmigiano grattugiato, ma, nome a parte, si sa che al Sud tale prelibatezza è arrivata solo del dopoguerra, prima c’era il caciocavallo o il pecorino; meglio il primo, secondo me, ma vanno tutti bene. Per la mozzarella, non c’è dubbio, che sia vaccina: la stupenda mozzarella di bufala va mangiata cruda, ogni altro modo (pizza compresa) è sbagliato, perché la pasta è più umida, produce liquido e quindi non va bene sulla parmigiana. Poi serve il basilico, che profuma il piatto. In forno, per un tempo giusto, non troppo lungo e con una temperatura non altissima.
Le varianti
Poi ci sono le varianti, e qui ogni sperimentazione è lecita. A parte di sapere bene che si tratta di nuovi piatti. Ad esempio oggi vanno forte le parmigiane con il pesce, ad esempio il pesce spada, o il tonno, che si alternano con le fette di melanzane. Ma c’è anche chi usa le alici, in proposito io ho qualche perplessità, per il gusto caratteristico di questo pesce. In tutti questi casi va bene la mozzarella, meno il formaggio, ma c’è chi comunque lo usa. Con il baccalà si raggiunge la perfezione. Ma c’è chi ne fa ulteriori varianti, ad esempio con la trippa: sontuoso e per stomaci forti. Ma se si ha l’occasione è peccato mortale rinunciare.