Secondo la tradizione corrente, a Magonza nel 1455 un ingegnoso artigiano tedesco, Johannes Gutenberg, orafo, incisore, tipografo inventò la stampa (vedi ad esempio la stampa di t-shirt con aforismi) a caratteri mobili, rivoluzionando la millenaria tradizione di riprodurre i testi che per tutto il Medioevo ha visti impegnati nella paziente e lenta copiatura manuale tanti monaci.
Gutenberg pensò che se riproduceva tutte le lettere dell’alfabeto, scolpite a rilievo, e poi le stesse venivano disposte su una base a formare le parole, fino a coprire il testo di una intera pagina era possibile, con gli stessi caratteri formare tutte le parole e riprodurre tutte le pagine di un libro.
I caratteri così composti con il testo della pagina venivano coperti di inchiostro e pressati su un foglio di carta, operazione che poteva essere ripetuta più volte ottenendo velocemente più copie della stessa pagina.
Fu così che dal laboratorio di Gutenberg, dopo tre anni di lavoro, in quanto per ogni pagina i caratteri dovevano essere spostati e ricomposti manualmente per formare le parole di una pagina successiva, uscirono nel 1455 le prime copie a stampa della Bibbia di Gutenberg, primo libro a stampa della storia.
Dalla seconda metà del Quattrocento, l’invenzione si è presto diffusa e sorsero molte tipografie in grado di stampare più copie dei più importanti testi della civiltà. La Bibbia, i classici greci e latini, i primi libri della nuova lingua volgare italiana, iniziarono a diffondersi in maniera veloce e la cultura, prima riservata solo a pochi, ora per la prima volta diventava accessibile a molte più persone.
Nel 1472 a Foligno furono stampate le prime copie della Divina Commedia.
Da allora i progressi della stampa sono stati continui e Venezia, anche per merito della genialità di uno stampatore come Aldo Manuzio, divenne per alcuni secoli capitale mondiale della stampa.
Passano 540 anni dall’apparizione sul mercato della Bibbia di Gutenberg che due fratelli, titolari di una delle principali e raffinate impresa tipografica del Veneto, Grafiche Antiga decidono nel 1995 di dar vita ad una FONDAZIONE la cui prima missione è quella di costituire la TIPOTECA ITALIANA, un Museo ove raccogliere il meglio di quei caratteri mobili che avevano avviato la rivoluzione della stampa.
Quei caratteri non sono più indispensabili al lavoro della stampa ma diventano patrimonio storico di cinque secoli di attività, documenti di un lavoro artistico di disegnatori di caratteri e di tipografi, grafici antelitteram perché hanno disegnato il gusto estetico di libri, riviste e stampe per secoli.
La Tipoteca italiana viene inaugurata nel 2002 diventando subito punto di riferimento a livello nazionale, e non solo, per la storia del design tipografico, attraverso un continuo crescere di collezioni di caratteri mobili, di linotipie, di rotative, e di ogni altro strumento fosse indispensabile all’arte del tipografo.
Collezioni e anche intere tipografie, chiuse definitivamente perché non aggiornate e quindi non più in grado di sostenere le sfide delle nuove tecnologie sono entrate da allora nel patrimonio della Tipoteca.
Caratteri, tipografie complete che arrivano da tutto il territorio nazionale hanno trovato nella Tipoteca Italiana una nuova vita anche se con una funzione diversa da quella originaria: oggetti di studio per ricercatori miniera di informazioni preziose, strumenti di valorizzazione del loro significato storico.
Tipoteca Italiana non è quindi solo Museo, che raccoglie e conserva, ma è anche archivio, biblioteca, galleria, stamperia, spazi ove ammirare l’enorme varietà del disegno dei caratteri e dei materiali per la stampa.
Qui è possibile conoscere la storia dei caratteri e dei protagonisti della loro progettazione, scoprire gli strumenti originali dei tipografi, apprezzare la complessità dei processi creativi e approfondire tutto ciò che è cultura della stampa e l’arte di comunicare per segni e caratteri.
Migliaia di caratteri in legno, in piombo, in bronzo, rari torchi, modelli vari per tipo ed età di macchine da stampa, documenti e memorie di un mondo dove arte e artigianato, creatività grafica e design si intrecciano.
Ma Tipoteca Italiana non è l’unico museo della stampa in Italia: tra la fine del ‘900 e gli inizi del nuovo millennio, c’è stato un fiorire di Musei.
Ne ricordiamo solo alcuni: a Foligno nel 2012 è stato inaugurato il Museo della stampa; dal 2008 a Lodi è aperto il Museo della stampa e della stampa d’arte nei locali di una ex tipografia; a Genova è nato ARMUS Archivio Museo della Stampa; a Carmignola il museo tipografico “Rondoni”; a Lecce il Museo della stampa della città di Lecce.
Non è certamente un caso se ciò che ha caratterizzato tecniche, modalità, strumenti e procedure di lavoro, per oltre cinque secoli, in pochi anni passa da un ruolo attivo nel sistema produttivo a testimonianza storica in un Museo.
È il risultato della nuova grande rivoluzione che in pochi anni ha cambiato il mondo trasformando radicalmente anche modalità e procedure di trasmissione sulla carta delle parole e delle immagini.
Per stampare un libro non servono più tante matrici fisiche, composte da caratteri mobili o da lastre di piombo contenenti linee di caratteri formanti i testi per la stampa (prodotti da una macchina compositrice tipografica detta Linotype, inventata negli Stati Uniti dal tedesco Ottmar Mergenthaler nel 1885).
Non è più la carta che viene pressata sui caratteri inchiostrati ma è l’inchiostro che è programmato per trasferirsi sulla carta e comporre parole e immagini.
Per quanto riguarda invece le immagini riprodotte nei libri, nelle riviste o nei giornali, si usavano fin dall’origine della stampa le tecniche dell’incisione (diverse a seconda del supporto e della tecnica con cui si ottengono i segni sul supporto poi impresso sulla carta. La stessa tecnica usata per la grafica d’arte che rendeva alcuni libri opere d’arte per la qualità delle incisioni).
Per le riproduzioni fotografiche si usavano lastre in zinco adeguatamente trattate.
La stampa a più colori prevedeva inoltre il foglio venisse impresso dai diversi caratteri o da più lastre inchiostrate con il colore, tante volte quanti erano i colori usati.
Su questi argomenti sono stati scritti libri interi, ma ciò che qui interessa è ricordare la rivoluzione della stampa digitale che in pochi decenni ha definitivamente messo in pensione professionalità, tecniche e modalità di stampa che avevano prosperato, con le medesime impostazioni, per oltre 500 anni, giustificando la nascita dei Musei della stampa di cui abbiamo citato solo alcuni esempi.